Buon san Nicola Auguri a tutti coloro che portano questo nome.
“Per San Nicola di Bari” 🙏🏻 O dolce San Nicola di Bari, con la tua preghiera ci guidi verso la strada della speranza e ci doni la fede che mai svanisce.
Nella tua sacra Basilica, tra le antiche colonne di marmo, in ginocchio pregano i fedeli, con il cuore pieno di amore e calore.
Ora che il mondo è così frenetico, ci doni la pace e la serenità, e ci ricordi che l’amore è l’unico vero tesoro, che possiamo condividere con umiltà.
Con il tuo santo esempio, ci insegni l’umiltà e l’umana devozione, e ci guidi sulla via della bontà, verso la salvezza e la redenzione.
O dolce San Nicola, santo protettore, che con la tua preghiera ci consoli, aiutaci a vivere secondo la tua volontà, e a seguire sempre il tuo esempio di vita santa e pia. Cresy Crescenza Caradonna
– Icona serba di san Nicola coi ritratti dei donatori, re Uroš Milutin e Simonida (1319; Bari, Basilica di San Nicola, cripta)- (È questa la vera immagine del Santo)
Il faro di Punta San Cataldo di Bari è il faro portuale del capoluogo della Puglia. È il terzo faro più alto d’Italia e il 22º nel mondo.
Costruito nel 1869, con i suoi 380 scalini, si trova all’interno di un giardino recintato, chiuso da un cancello in ferro che conduce ad una struttura bianca a due piani che regge la torre ottagonale.
La gestione e manutenzione del San Cataldo è affidata all’Arsenale militare marittimo di Taranto, che controlla anche l’Abruzzo, il Molise, la Basilicata e la Calabria.
Il faro di Bari si trova a nord della città, nei pressi della Fiera del Levante e del Porto, sul lungomare Starita.
La struttura muraria portante è in tufo.
La frequenza luminosa della lanterna dura in tutto 20 secondi: tre lampi da 0,2 secondi, intervallati da un doppio periodo di buio di 3,8 e un terzo più lungo di 11,8.
Ma oltre a immagini e filmati sul faro vi è una stanza dove si mette in risalto il lavoro di
Si può visitare, presso il Faro di Bari, una interessante “MOSTRA DI RADIO” con immagini e filmati che vanno dal 1910 al 1950 che mettono in risalgo il lavoro di GUGLIELMO MARCONI.
NOTIZIE E INFO
I visitatori saranno accolti da un video-racconto, poi potranno visitare la sala dedicata alla storia della radio, ammirare reperti storici sui collegamenti via etere, approfondire la storia della prima trasmissione radio e scoprire gli apparecchi in esposizione, che provengono dalle collezioni di Alberto Chiantera e dell’Associazione italiana radioamatori-sezione di Bari.
Il museo nasce nel contesto del recupero di tre fari e tre torri costiere della regione nell'ambito dell'Interreg Co.He.N. (Coastal heritage network, Interreg Grecia-Italia 2014-2020) promosso e finanziato dalla Regione Puglia. Nel programma sono inseriti anche il faro torre San Giovanni a Ugento (Lecce) e la torre San Felice a Vieste (Foggia), già aperti e fruibili. Così come la torre Pietra a Margherita di Savoia, la torre Calderina a Molfetta e il faro di Punta Palascia a Otranto.
IL FARO DI SAN CATALDO, BARI
“La Regione Puglia – spiega il governatore Michele Emiliano – ha coordinato un’operazione di recupero e riallestimento di queste strutture, trasformandole in luoghi vivi e di cultura, che custodiscono l’identità dei nostri paesaggi e la memoria della nostra storia”. Il sindaco di Bari, Vito Leccese, evidenzia che nel faro San Cataldo “gli spazi espositivi offriranno ai visitatori l’opportunità di conoscere la storia dei fari e delle torri costiere di Puglia e di approfondire la conoscenza del mondo della radio e di Guglielmo Marconi”. Il Museo del faro e della radio è gestito, in convenzione con il comune di Bari, dall’associazione Vedetta sul Mediterraneo, in collaborazione con l’associazione Mar di Levante e l’Associazione radioamatori italiani-sezione di Bari. Direttrice onoraria è la giornalista e scrittrice Enrica Simonetti.
Il 31 dicembre chiuderà lo storico panificio “Santa Teresa”, uno dei tre forni rimasti attivi a Bari Vecchia. Il 75enne proprietario Nicola Violante ha ammesso di essere stanco di lavorare dopo decenni di attività.
Il panificio, situato dal 1948 su strada Santa Teresa dei Maschi, a pochi passi dalla chiesa omonima, è da sempre stato caratterizzato da un piano cottura girevole che viene fatto ruotare tramite un “timone” a pedale prima di entrare nel forno.
Sono anni che si discute con le istituzioni del recupero della chiesa di Santa Candida ma come al solito le parole volano e la struttura continua la sua corsa verso un declino di cui non resterà più nulla da restaurare. La struttura è sotto la custodia dell’ArcheoClub Italo Rizzi di Bari, promotore del un progetto di salvaguardia di Santa Candida, il tempio che sorge sul fianco est di Lama Picone. Stiamo parlando di un sito di notevole importanza storica-artistica, di 120 metri quadri di ampiezza risulta essere la più grande basilica rupestre non solo del barese ma di tutta la Puglia. Fu edificato come luogo di culto tra il IX e l’XI secolo d.C. ad opera di comunità religiose bizantine stanziatesi a Bari, anche se si pensa che possa risalire addirittura al periodo paleocristiano altomedievale. Il sito è una vera chiesa quindi, inserita in uno dei tanti ipogei presenti a Bari: ambienti sotterranei scavati dall’uomo, la maggior parte dei quali situati all’interno delle nove lame cittadine. Nonostante tutto Santa Candida continua a giacere nel degrado più selvaggio : non vi è un sentiero adeguato per arrivare al sito e la zona antistante l’ingresso è utilizzata come discarica selvaggia a cielo aperto a cielo aperto. Inoltre, nonostante protetta da una grata che impedisce l’accesso agli estranei, la chiesa nel tempo ha subito diversi atti vandalici e graduali cedimenti strutturali che ne stanno minando l’integrità’ della strutturali
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EVENTI/BARI/PUGLIA D’AMARE QUOTIDIANO di Cresy Caradonna
La giornata internazionale della lingua madre è una celebrazione indetta dall’UNESCO per il 21 febbraio di ogni anno per promuovere la madrelingua, diversità linguistica e culturale e il multilinguismo. Istituita nel 1999, nel 2007 è stata riconosciuta dall’Assemblea generale dell’ONU, contemporaneamente alla proclamazione del 2008 come Anno internazionale delle lingue.
Si è svolta a Bari presso la sede della SAID , Associazione Internazionali Docenti, sita in via Intendenza, 18/a nella zona vecchia della città di Bari, la GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA LINGUA MADRE 2024.
La Giornata internazionale della madre lingua viene celebrata ogni anno il 21 febbraio, con l’obiettivo di promuovere la diversità linguistica e culturale nel mondo. Questa giornata è stata istituita dall’UNESCO nel 1999 per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle lingue madri e per preservare la loro diversità e vitalità. La madre lingua è quella che ci accompagna fin dalla nascita, quella con cui impariamo a comunicare con il mondo e che ci lega alle nostre radici culturali e identitarie. Ogni lingua è un tesoro da custodire e valorizzare, poiché riflette la storia, la tradizione e la ricchezza di un popolo. La giornata internazionale della madre lingua ci ricorda l’importanza di preservare e promuovere le lingue minoritarie e di tutelare i diritti delle comunità linguistiche, per una società più inclusiva e rispettosa delle diversità. Ogni lingua è un patrimonio unico e irripetibile, e celebrare la propria madre lingua significa anche celebrare la ricchezza e la bellezza della diversità culturale nel mondo.
Sulle ali del vento, parole danzano, il cuore della madre lingua risplende in essa il passato e il presente si intrecciano,
memorie antiche che il tempo difende. Parole dolci come carezze al cuore, suoni antichi che raccontano storie,
la madre lingua, un dono di valore, che porta con sé antiche memorie.
Celebriamo questa giornata speciale, onorando la lingua che ci lega, con voce forte, in un coro universale, la madre lingua, tesoro che protegga.
Lingua mater,
terra nostrae.
La nostra lingua madre, la nostra terra, collega le nazioni attraverso te, tutte le cose sono condivise, in uno, radunandoci.
Tu, madre di tutte le lingue, della diversità universale, in te tutti si uniscono uniti, sotto un’unica verità.
Attraverso te parliamo e comprendiamo in te esprimiamo i nostri sentimenti, tu sei il collegamento tra le nazioni tra le culture.
Tu sei il paese, tu sei la casa conosciuta da tutte le nazioni, tu sei la lingua internazionale in te siamo tutti un solo Paese.
Grazie, madrelingua attraverso te, siamo uno Una voce, un paese.
La serata organizzata dalla prof. Virna Iacobellis presidente Said Associazione Docenti Bari con la collaborazione del prof.Nicola Cutino presidente Associazione Mondo Antico e Tempi Moderni Bari, ha visto la partecipazione di un folto pubblico di estimatori della lingua vernacolare e italiana che si sono riuniti per celebrare la GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA LINGUA MADRE 2024. La serata ha visto la presenza del dott. Antonio Peragine vice presidente di RETEWEBITALIA.NET primo network italiano di 60 quotidiani online,giornalista e Direttore che ha registrato la serata per gli amici pugliesi residenti all’estero. Ospite il dott.Giuseppe Cascella presidente Commissione Culture Sport presso il Comune di Bari che ha fatto in sintesi il punto della situazione culturale della città pugliese. Ospite dott.ssa Crescenza Caradonna direttrice del giornale online PUGLIA D’AMARE QUOTIDIANO, presente su due piattaforme internet (https://cresypuglia.home.blog/), (https://daamarepuglia.wordpress.com/), gruppo fb (pugliadaamarequotidiano.it ) e pagina fb ( PUGLIA D’AMARE QUOTIDIANO D’INFORMAZIONE • Follower: 4360 ). Da ricordare l’artista Catia Cavone che ha donato una sua opera molto significativa che rappresenta un vicolo della città vecchia di Bari dal titolo: Il profumo di Bari. Molti tra poetesse e poeti sono intervenuti con le loro liriche che hanno deliziato i presenti. Le popizze e le sgagliozze tipiche della cucina barese hanno ingolosito i palati degli invitati concludendo la bella serata in allegria e convivialità. Cresy Caradonna
“Bari Amore mio”
Bari amore mio Bari mare e sole
Bari il calore della gente Bari crocevia di popoli
Bari nel mio cuore, sento l’odore del mare ovunque io vada
sento i profumi del borgo antico ovunque io mi trovi sento nostalgia di te solare e azzurra città,
barche e marinai attraccano al molo chi pesca, chi ripara le reti, chi ricorda vecchie storie, questa è Bari
Castello Aragonese (Taranto) castello di Taranto, Italia
La storia del Castello Aragonese di Taranto ha consentito di conoscere e raccontare la tragica vita del generale dell’esercito di Napoleone e il suo rapporto con uno dei più conosciuti romanzi della letteratura mondiale, il Conte di Montecristo. Non tutti, ancora, sanno che non solo il protagonista non è del tutto un’invenzione, ma che l’ispirazione sia nata dalle avventure vissute nel castello tarantino da un uomo realmente esistito. L’uomo in carne e ossa che ha ispirato allo scrittore francese Alexandre Dumas la figura del protagonista del romanzo “Edmond Dantès” era Alex Dumas, suo padre, morto quando lui aveva solo quattro anni.
Nato nella colonia francese di Saint Domingue nel 1762, da uno spregiudicato aristocratico e da una schiava nera, la vita del mulatto Alex non inizia sotto i migliori auspici: suo padre vende lui, sua madre e i suoi fratelli per pagarsi il viaggio di ritorno in Normandia. Sei mesi dopo, la sua fortuna cambia: il padre lo riscatta dalla schiavitù e lo porta con sé in Francia e, dopo essersi arruolato nell’esercito, Alex diviene uno dei soldati più affascinanti e valorosi. All’epoca in cui Napoleone invade l’Egitto, Alex è ormai diventato generale. Napoleone comincia a sentirsi minacciato da questo prestante e ormai celebre nobile mulatto, le cui gesta avevano assicurato le Alpi alla Francia, e orchestra la sua rovina. Dumas fugge dall’Egitto e, costretto da un naufragio, sbarca a Taranto, dove viene catturato e rinchiuso in prigione dai Borboni.
Nella prigione di Taranto, collocata proprio nel Castello Aragonese, il generale Dumas resterà due anni scampando più volte alla morte architettata dai nemici sanfedisti, affrontando le sue prove più dure, quelle che ispireranno una delle maggiori opere di narrativa del mondo.
«Sì, mio padre era un mulatto, mio nonno un negro e il mio bisnonno una scimmia. Come vede, signore, la mia famiglia comincia dove la sua finisce».
La più bella risposta che si possa dare a un razzista è di Alexandre Dumas, che a metà Ottocento rispose così a un imbecille che lo aveva disprezzato per le sue origini africane.
Il castello aragonese (o castel Sant'Angelo), con la sua pianta quadrangolare e il vasto cortile centrale, occupa l'estremo angolo dell'isola su cui sorge il borgo antico della città di Taranto.
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25° anniversario della morte di Alfredo Giovine Martedì 25 agosto 2020 – dalle ore 19.00 Terrazza Circolo Barion -Bari- Amici e parenti si son dati appuntamento per ricordarlo con letture di brani, poesie, aneddoti e testimonianze.
Ndratande c’arrive u 25 Aguste o Barionne: “Ci non ganosce a BBare / Le cose de stu paìse / CChiù de le frastìire / Sò probbie le barise” .
Bene! Ci siamo finalmente! Sono passati i fatidici tre giorni dalla morte di Mariolina De Fano. Ciao Mariolina…finalmente soli! Chiedo scusa per il voluto ritardo, ma ho lasciato spazio ai parenti, amici, nemici, ipocriti, colleghi e chiunque si sia improvvisato promotore della notizia! Si potrebbe dedicare a te una strada, ma perché farti calpestare? Che male hai fatto? Mariolina, abbiamo calcato tutti i teatri della nostra stessa Puglia già dal 1976. La mia canzone “Pasquina” cantata con te, ha stampato una pagina artistica, folkloristica, teatrale, senza nemmeno aver frequentato mai nessuna Accademia o laboratorio teatrale e senza nemmeno presunzione. Mariolina grazie! Nasciamo dallo stesso buco e moriamo in buchi diversi, solo questo ci distingue! E’ una prassi. Tu ti sei allontanata prima di me, non per essere Primadonna (anche perché lo eri già), ma solo per circostanza. Mi piacerebbe che ognuno che si approfittasse della tua morte, meditasse, perché la pubblicità costa e l’unico vantaggio sarebbe soltanto che non c’è Siae. Mariolina hai colto il momento buono per fuggire.
Ti saluto e ti invito ad andare in sogno a qualcuno. Molti darebbero la vita pur di fare Teatro e andare sui giornali, Tu no! Il Teatro, l’ha data a te! Ciao Mariolina, ti aspetto, però non dire niente a nessuno, anche perché la gelosia è assai! Salutami tutti. Gianni Ciardo
Vito Signorile, Gianni Ciardo, Nicola Pignataro e Uccio De Santis
GIANNI CIARDO PASQUINA 1978 15.618 visualizzazioni •11 ago 2013
IL CULTO DEI SANTI MEDICI COSMA E DAMIANO. di Cresy Caradonna
Il culto dei Santi Medici Cosma e Damiano, secondo quanto risulta da alcune testimonianze iconografiche, è introdotto a Bitonto fin dal XIV secolo.
Il primo documento che attesta la presenza della reliquia a Bitonto risale però al 1572, data di svolgimento della visita pastorale di monsignor Musso. Il culto dei Santi Cosma e Damiano è stato anche segnalato da Giovanni Paolo II nel discorso ai Vescovi pugliesi del 20 dicembre 1986, come potente fattore di promozione di unità della Chiesa fra Oriente e Occidente.
Le due statue dei Santi Cosma e Damiano che oggi troneggiano al centro dell’abside della recente basilica pontificia dei Santi Medici a Bitonto hanno un ruolo di fondamentale importanza per l’affermazione e la diffusione del culto dei santi anargiri a Bitonto. L’origine delle due statue oscilla tra storia e leggenda. Le due statue sarebbero state commissionate nel 1733 dal parroco della chiesa di San Giorgio Martire, don Mennuto, ad uno dei migliori intagliatori napoletani.
Dopo circa tre secoli i manichini, interamente in legno e deteriorati dal tarlo furono fatti restaurare: le mani e la testa furono preservate con un meticoloso restauro mentre tutte le altre parti del corpo furono rifatte in bronzo. Particolarità che ha contribuito alla diffusione del culto a Bitonto è anche il fatto che molti di coloro che si ritengono miracolati vedono nelle statue le stesse persone apparse in sogno al momento dell’evento. La tradizione popolare narra diversi eventi miracolosi. La diffusione della stampa permise la realizzazione delle prime “immagini sacre” dei santi medici, in modo che i fedeli avessero l’immagine dei due Maestri anche presso le loro abitazioni, incorniciate in grandi quadri, o incollati ai muri nelle stanze da letto, dove solitamente venivano allestiti altarini, e dove parenti e vicini di casa potevano riunirsi in preghiera in devozione dei Santi. Spesso, inserite in campane di vetro, venivano adagiate le statue dei due Fratelli in dimensioni ridotte. L’immagine sacra dei santi è, dunque, entrata nel costume tradizionale dei bitontini tanto che, ancora oggi, è facilissimo ritrovare tali immagini nelle botteghe dei sarti, dei calzolai, e persino nei negozi di alimentari. Il sempre crescente numero di pellegrini, provenienti ormai da tutta Italia e anche dall’estero, a seguito dell’emigrazione bitontina nelle Americhe, rese necessaria la costruzione di un ambiente più capiente. Così nel 1963 fu costruito l’attuale santuario e nel 1975 papa Paolo VI la elevò a basilica pontificia. Nel 1993 l’attività di un gruppo di volontari ha portato alla nascita di una fondazione che ha dato vita a numerose iniziative: casa di accoglienza, centro ascolto, ambulatorio e un ospizio.