Piante presenti nella steppa mediterranea dell’Alta Murgia il mandorlo, il nespolo, il prugno, l’asparago selvatico, il lampascione e altri alberi da frutto che costituiscono gli elementi fondamentali della cucina tipica della zona. Tra gli animali del luogo troviamo il lupo e la volpe, ma anche rapaci diurni (poiana e falco di palude) e notturni (gufi, civette, barbagianni).
Il territorio dell’Alta Murgia è teatro da qualche anno di manifestazioni volte a promuovere il Parco: workshop sportivi, degustazioni di vini e cibi tipici, concerti e festival vengono organizzati nel corso dell’anno per aumentare il valore territoriale, avvicinando la popolazione al patrimonio culturale e ambientale.
Il Parco nazionale dell’Alta Murgia comprende quindi una grande varietà di piante e animali, ma anche di costruzioni che rimandano al passato. Passare una giornata qui vuole dire immergersi nella natura e nella storia di una parte della Puglia.
SINOSSI Una raccolta di poesie che ha come filo conduttore i ricordi passati, presenti nei quali riconoscersi, traghettando il lettore verso il prossimo futuro tra le righe di un poetare contemporaneo e moderno.✍️
Gli occhi di Isabella guardavano lontano verso la realizzazione di un sogno nato quando la piccola Francesca era entrata a far parte della sua vita di coppia. Che gioia quel giorno scoprire di essere incinta! E ancora di più quando l’esito dell’ecografia aveva rivelato trattarsi di una femmina. Isabella e Marco desideravano tanto una bambina e finalmente il loro sogno pareva avviarsi a divenire realtà. L’idea di poter stringere al petto la sua “creaturina” rendeva Isabella oltremodo entusiasta. Giorno dopo giorno la felicità aumentava, come l’ansia che le si leggeva sul volto. “Andrà tutto bene? Nascerà sana? Sarò una buona madre e saprò darle tutto l’amore possibile?” Normali interrogativi che non potevano al momento avere risposta. Marco la ricopriva di ogni sorta di attenzioni. Quanto l’amava! La gravidanza trascorse senza particolari problemi, lunghe passeggiate, scrupolosa osservanza della dieta, ginnastica preparatoria al parto e, quasi giornalmente, qualche acquisto per il corredino. Una giornata fredda quello della nascita di Francesca. Aveva nevicato abbondantemente nella notte e alla prima luce del giorno il paesaggio intorno alla città e la città stessa presentavano un’immagine surreale. Uomini e donne super infagottati si muovevano con difficoltà sulla neve cercando in ogni modo di non perdere l’equilibrio. Le macchine procedevano a passo d’uomo ma più di una slittava sulla neve ghiacciata. Marco, il papà di Francesca, con gli occhi arrossati per la notte insonne vissuta, usciva dall’ospedale al biancheggiar della prima luce per andare a prendere un caffè al bar di Leonardo. Si, era stata proprio una lunga notte quella appena trascorsa, vissuta nell’ansia e nella trepidazione. Una complicazione rivelatasi al momento del parto aveva fatto temere ad un certo momento il peggio, eppure Isabella godeva ottima salute ed aveva avuto una gravidanza senza particolari problemi. Madre natura però aveva voluto passarsi un capriccio e al momento finale, quando già sembrava che il parto sarebbe avvenuto normalmente, ecco che … Francesca non voleva saperne di venire al mondo. Le contrazioni di Isabella non producevano effetto, lei spingeva, spingeva, al massimo dello sforzo e soffriva, ma Francesca sembrava stare proprio comoda nel grembo materno e non si spostava più di tanto. Ad un tratto il medico prendeva coscienza del problema, una ostruzione placentare impediva a Francesca di nascere. Immediata la decisione del medico, “bisogna procedere con un taglio cesareo urgente, non si può più aspettare! “ Il medico spiega a Marco la situazione, alquanto seria, che si era venuta a creare e gli pone un atroce dilemma “dinanzi al caso di dover effettuare una scelta obbligata chi salvare la madre o la bambina? “, secca e decisa la risposta di Marco, “provi a salvarle entrambe. Io mi rimetto alla sua professionalità e competenza, proceda come ritiene giusto si debba fare in simili circostanze, io aspetterò fiducioso.” Isabella intanto seguiva le fasi di quei momenti concitati con ansia e timore. La verità non le era stata nascosta.
Andrà tutto bene? si chiedeva, mentre si raccomandava a S. Antonio, il suo Santo protettore. Per un attimo i suoi occhi incrociano quelli del medico, che dava ai suoi assistenti le ultime direttive per l’intervento e gli affida il suo accorato messaggio di speranza e di fiducia. Si chiudono le porte della sala operatoria e cala il silenzio. Marco, visibilmente preoccupato, non sa che fare, ora si alza, ora si siede, ora si affaccia alla finestra e aspetta e spera. Quanto tempo trascorre, Marco non se ne rende conto, eppure ha guardato cento, mille volte l’orologio, ma …pensiero ed azione non sono evidentemente in sintonia. Il pensiero di Marco è ad Isabella, che è sotto intervento chirurgico. L’ansia e la tensione sono palesemente evidenti sul volto di Marco, che una dopo l’altra mastica caramelle non potendo fumare una sigaretta. D’un tratto il primario appare nel corridoio, scuro in viso; Marco accenna di avvicinarsi ma il medico gli fa diniego con la mano. Marco lo vede sparire nel suo studio e subito ricomparire con in mano un oggetto. Resta immobile, come impietrito, mentre il medico rientra in sala parto. Marco divora tutto lo spazio del corridoio una, due, tante volte, e sempre più di fretta, non è presente a se stesso, non accenna parola, è completamente preso dai suoi pensieri. Una mano sul braccio lo riporta alla realtà e Marco incrocia lo sguardo di Anna, la sorella di Isabella – stai tranquillo vedrai che andrà tutto bene – Marco abbozza un sorriso di gratitudine, annuisce con la testa e la segue, lentamente, lasciandosi portare per il braccio. Marco volge lo sguardo fuori, la neve ricopre proprio tutto. Stringendosi la sciarpa al collo, Marco abbozza icasticamente “ma che bella giornata!” “Già!” gli fa eco Anna, che, aggrottando le ciglia, balbetta “ma come è potuto succedere, dopo tante visite e controlli, e sempre tutto bene, e dagli esami ecografici mai una anomalia, mai nessun sintomo, come mai.” “Mah!” la interrompe Marco, “Sentiremo poi il medico cosa avrà da dirci, per adesso possiamo fare ben poco, solo sperare che tutto proceda per il meglio, che la bambina nasca e nasca bene, e che Isabella non abbia a soffrire della situazione in modo grave.” Poi di nuovo il silenzio e l’attesa sempre più spasmodica via via che i minuti trascorrono. Fuori la neve continua lenta ma costante a venire giù.
Quanto tempo era trascorso da quando Isabella era entrata in sala parto? Marco aveva perso nozione del tempo. Si! Isabella aveva vissuto la gravidanza in modo meraviglioso, senza problemi. Quanti progetti! Ancora prima di conoscere il sesso Isabella fantasticava ad occhi aperti. “Non ha importanza” , diceva, “se sarà maschio o femmina, importante è che nasca sano e che abbia sempre l’amore dei suoi genitori a guidarlo, ad orientarlo, a preparargli un futuro. Dio! Fa che alla nascita non abbia difetti! Non gli faremo mancare amore ed affetto perché cresca forte e sicuro. Ma… sarò in grado di crescerlo al meglio? Sarò una buona madre? Saremo in grado di educarlo, di dargli il necessario materiale e spirituale per vivere? Ci renderà felici? Chissà cosa vorrà fare da grande! L’arrivo di questo figlio potrà nuocere al dialogo ed al rapporto con Marco? Io sono pronta a rinunciare a un pò di me per lui? E il mondo è un luogo adatto per questo figlio che verrà!” Quanti interrogativi! E quanta trepidazione! Gli occhi di Marco tradivano la commozione. Si, lui partecipava alla sua ansia ed alla sua gioia con tenerezza, con mille attenzioni, con amore. Marco comprendeva bene il senso di quei perché, erano le normalissime domande che una mamma si pone, e non senza scoraggiamento e sfiducia, dinanzi all’evento della nascita di un figlio. Non si mostrava quindi infastidito con Isabella. Anzi…! La sua mano le sfiorava la guancia, con dolcezza, con delicatezza, in modo carezzevole e rassicurante e le sue labbra Le bisbigliavano all’orecchio: “Vedrai che andrà tutto bene, e sarà sano e forte e crescerà bene perché crescerà in un ambiente d’amore. Adesso lasciamo che nasca poi sarà il tempo a dare le sue risposte, ma noi vivremo giorno dopo giorno la sua crescita dandogli amore e i limiti valoriali perché maturi sani principi e sani valori”. “Si sa”, diceva Franco con tono pacato, dolce, rassicurante, “che la vita ha i suoi pro e i suoi contro, che c’è da scontrarsi con una realtà poco tenera, che si deve lottare per emergere e ancor più per restare a galla! Si sa che nessuno ci regala niente, che bisogna guadagnarsi tutto e non sempre i propri sforzi vengono premiati, si sa che non esiste un’uguaglianza vera, però si sa anche che esiste il bene e che la vita riserva molte gioie e splendide sorprese, come si sa che vale la pena di venire al mondo anche se questo mondo non è un paradiso! Ma noi faremo del nostro meglio per farlo crescere in un clima d’amore e in un ambiente familiare sereno e per educarlo al meglio alla vita.” Isabella ricambiava le parole di fiducia di Marco con gioiose espressioni di gratitudine, mentre gli stringeva forte la mano e si sentiva sicura e forte. E Marco rivede ora gli occhi ridenti di Isabella, rivede i tanti momenti felici della preparazione del corredino, preceduti dal fatidico dilemma “sarà maschio o femmina? “e dalla decisione di conoscere prima il sesso del nascituro e il momento dell’ecografia, che emozione sentire il primo battito della loro bambina! e la ginnastica preparatoria al parto, le visite ginecologiche, le lunghe passeggiate, le voglie e la meravigliosa trasformazione del corpo di Isabella che preparava nel suo grembo una nuova vita.
Una mano sulla spalla richiama Marco alla realtà. La figura del primario si staglia davanti ai suoi occhi. Il suo volto tradisce la stanchezza ma lascia trasparire un largo sorriso. “Tutto bene lei è papà di una splendida bambina! “Marco non frena la commozione e ricambia gli auguri del medico con una energica liberatoria stretta di mano. Il vetro appannato della finestra lascia intravedere che non nevica più, anzi un pallido sole sembra fare capolino tra le nuvole. Marco, finalmente! può abbracciare Isabella che gli mostra radiosa sua figlia. Il battito dei loro cuori è all’unisono. Marco guarda negli occhi Isabella con ineffabile tenerezza, stringe al petto per la prima volta la sua bambina e, con un filo di voce, dice: Comincia un nuovo giorno, comincia una nuova vita d’amore!
di Eduardo Terrana
NOTA Il racconto è frutto della fantasia dell’autore. Ogni riferimento a persone, eventi o luoghi, della vita reale è puramente casuale.
VI PRESENTIAMO IL SOLSTIZIO D’ESTATE 2023 ATTRAVERSO LE FOTO DEI FOTOREPORTER Marco de Giosa e Michele Petrelli del 21 giugno, giorno che segna l’inizio dell’estate, vedrete la luce che filtra attraverso il rosone della Cattedrale di San Sabino a Bari si proietta sul pavimento, andando a combaciare con il rosone musivo posto ai piedi dell’altare, questo avviene tra musica e balli all’interno della Cattedrale : alle 17:09 il rosone della facciata bacia il rosone sul pavimento.
GIOVANNI BERCHET MAGGIOR POETA POPOLARE DEL RISORGIMENTO
Saggio di Eduardo Terrana
Giovanni Berchet, nato a Milano nel 1783, e morto a Torino nel 1851, è il poeta più popolare del nostro Risorgimento. In lui non troviamo la coscienza del poeta tormentato da problemi spirituali, non troviamo la presentazione di una problematica astratta, anche se interessante, troviamo, però, una voce genuina di italiano che parla della sua Patria, delle sue pene col cuore alla mano, con sentimento autentico. In tale accezione diciamo pure che Berchet svolge meglio che ogni altro una parte del programma romantico: l’aderenza della poesia alla vita. E questa aderenza alla vita non poteva essere che determinata dall’argomento più pressante ed immediato: il riscatto della Patria. Traduttore in un primo tempo di diverse letterature, tra cui quella francese, tedesca e inglese, Berchet aderì poi alle idee romantiche e se ne fece portavoce con la “Lettera Semiseria di Grisostomo al suo figliolo”, considerato il manifesto teorico del romanticismo in Italia. Ritiene il Berchet che il romanticismo tedesco superi quello italiano perché più vivo e non ancorato rigidamente ai modelli classici e quindi più capace di parlare al popolo e di interpretarne le aspettative, mentre in Italia il romanticismo, non ha saputo farsi interprete dell’anima popolare e della storia, così abdicando a svolgere una funzione educativa delle masse. In tale accezione, nei “Poemetti” il Berchet cerca di attualizzare il suo progetto di poesia che poggia sui seguenti cardini: il poeta deve essere autentico interprete e mediatore degli interessi generali del pubblico nazionale; deve risultare gradito alla moltitudine; deve mettere la sua arte al servizio della gente e farsi promotore del progresso sociale e civile. Il poeta, pertanto, mai contrastando con la mentalità comune, le norme etiche, i sentimenti e gli atteggiamenti culturali tipici del ceto medio, deve disvelare la comunità a se stessa, esprimendone le esigenze profonde. In una visione di letteratura popolare e nazionale, il Berchet sostiene, quindi, una nuova figura di letterato più distaccato dai modelli classici e capace di svolgere una funzione più aderente alle istanze della società. In tal modo prende parte attiva alla disputa tra romantici ed antiromantici. Fu proprio questo a porlo al sospetto della polizia austriaca per cui fu costretto ad esiliare, prima a Parigi, poi a Londra, per sottrarsi all’arresto quando nel 1821 fallirono i moti liberali nel Lombardo-Veneto e la polizia riuscì ad arrestare quasi tutti i collaboratori del giornale “Il Conciliatore”, fondato nel 1818 attorno all’abate Lodovico di Breme dallo stesso Berchet e dai letterati Ermes Visconti, Tommaso Grossi, Silvio Pellico, tutti in contatto molto stretto col Manzoni. Farà ritorno in Italia soltanto nel 1847 con l’obiettivo di propugnare l’istituzione del Regno d’Italia Settentrionale contro Carlo Alberto. In esilio Berchet portò l’amarezza del profugo che aveva vista tradita e venduta la terra patria. Questi sentimenti di delusione traspaiono nel poemetto “I Profughi di Parga” dove il Berchet canta il dolore dei cittadini di Parga che, venduti dallo straniero inglese ai turchi nel 1819, fuggono con l’amarezza nel cuore e la delusione nell’animo. La produzione letteraria berchettiana non è copiosa, ma è ricca di sentimento, anche se non di poesia. Infatti il Berchet raramente raggiunge vette poetiche ed i critici lamentano la mancanza di organicità, spesso di coesione. Non per questo però Berchet non sa farsi comprendere ed apprezzare. Anzi questa maggiore lontananza da un’arte perfetta lo rende più vicino alla massa e più facile alla comprensione. Credo lo si possa definire vero poeta popolare. Nel poemetto “Le Fantasie”, del 1829, il poeta ci dà una visione comparata dell’Italia del passato e del presente; alla gloria, all’arditezza, all’eroismo del passato, fa da contrappeso la rilassatezza, l’indifferenza, l’apatia del presente. Il Berchet nelle sue opere lamenta soprattutto la mancanza di azione da parte dei nobili. Ne “Le Fantasie” traspare questa contrapposizione tra la nobiltà del passato fremente amor di patria e quella del presente indifferente e spesso venduta. “I Profughi di Parga” e “Le Fantasie” sono considerate le opere di poesia più intense del Berchet. Di pura e notevole vena poetica sono le sei “Romanze”, racconti in versi, scritti tra il 1822 ed il 1824, per lo più d’ispirazione patriottica, dove si colgono i motivi più ricorrenti del suo sentire poetico: la malinconia, il dolore dell’esule, l’amore per la patria, il desiderio di libertà. Nella romanza “Il Romito del Genisio“ci si trova, in particolare, di fronte ad un Berchet idealista. Ci si trova più problematica, più discussione, più concetti politici, che sono testimonianza interpretativa delle convinzioni correnti. La poesia, del 1823, esprime tutto il dolore ed il pianto per lo stato in cui versa l’Italia, oppressa dalla tirannia. Uno straniero varca le balze del Cenisio. Ad un convento di eremiti trova indicazioni che gli addìtano la strada da seguire. Una potente ed impersonale invettiva, però, quasi lo fulmina: “Maledetto chi s’accosta senza piangere, alla terra del dolor.” Una invettiva drammatica che dà l’impressione del tono dantesco. Al viaggiatore balena quasi il ricordo di lontani ed indefiniti “romori“ di dissidi, di lotte, di oppressioni. Gli balena nella mente la possibilità di una situazione drammatica. Si accosta con interesse al vecchio “romito del Cenisio” e con parole amiche cerca carpire il segreto di tanto dolore. Ed il Vegliardo dà libero corso allo sfogo della sua amarezza: “Come il mar su cui si posa Sono immensi i guai d’Italia.” Possiamo dire che il significato della composizione è tutto qua. Il vegliardo si rivela essere il padre di Silvio Pellico. Nel suo cuore è l’amarezza del Padre cosciente delle sofferenze del figlio, del patriota che soffre delle sofferenze della sua terra. Nulla più esiste nella gloriosa Italia. Quello straniero non troverà i canti giulivi che ne allietavano le contrade, non troverà neanche le vestigia della gloria passata, e di fronte a tanto dolore decide di tornare nella sua patria, “ai suoi tetri abeti e le sue nebbie”. L’Italia è ormai la terra del dolore, delle sofferenze, delle oppressioni: “ … trae le genti alla Segreta dove, iroso, quei le giudica che bugiardo le accusò.” Io penso che non occorrano molte parole per spiegare meglio di questi versi una situazione impossibile e pietosa. Sul volto delle genti d’Italia è la tristezza del dolore e la vergogna dell’oppressione. Lo straniero potrà anche godere delle bellezze della terra, ma lo farà come esse si presentano: bagnate dal sangue dei martiri e dalle lagrime del servaggio impotente. La romanza assume spesso toni molto drammatici e commuove. E’quasi una muta protesta, potremmo dire con espressione più moderna, è una dimostrazione silenziosa, che il poeta Giovanni Berchet evidenzia nei versi: “Non è lieta, ma pensosa; non v’è plauso, ma silenzio; non v’è pace, ma terror”. Non clamori, non grida bellicose, ma un dolore struggente che penetra nella profondità dello spirito, perché è un dolore umano di comprensione immediata e spontanea come d’altra parte spontaneo è il verso del Berchet.
Eduardo Terrana Giornalista-saggista-conferenziere internazionale su diritti umani e pace Proprietà letteraria riservata
Leggende italiane: “Le due sorelle” di Torre dell’Orso (LE)
A Melendugno, in marina di Torre dell’Orso, a pochi metri dalla grotta di San Cristoforo, si ergono due faraglioni molto singolari, staccati dal costone roccioso e molto simili tra di loro: sono le due sorelle.
La leggenda narra che due sorelle, due contadine del luogo, un giorno si siano avvicinate al mare per rinfrescarsi. Giunte alla baia di Torre dell’Orso, una delle due entra in acqua per fare un bel bagno, ma l’acqua, vicino agli scogli, si è fatta insidiosa e vorticosa.
La ragazza annaspa e grida aiuto: la sorella non può che lanciarsi a soccorrerla. Nuotano e nuotano, e più nuotano più i loro sforzi sembrano vani. Quando riescono finalmente ad avvicinarsi l’una all’altra, sono esauste, senza forze. Si abbracciano per l’ultima volta, ormai incapaci di vincere la furia del mare, che le inghiotte e le annega.
Tuttavia il dio del mare se ne dispiace, ha compassione delle due innocenti sorelle, morte l’una per incoscienza e l’altra per amore fraterno; così le trasforma in due faraglioni, vicini per l’eternità.
Ed oggi noi, nelle assolate mattine d’estate come negli umidi giorni di inverno, ammiriamo questi giganti di roccia, quasi abbracciati, pietra e salsedine tra cielo e mare.
IL RITORNO DI KORE a Rutigliano articolo di Luciano Anelli
ARTE, EVENTI, LETTERATURA LIBRI POESIA: “Il ritorno di Kore”- Evento artistico Rutigliano, Bari: Serata presso il Museo Civico Archeologico di Rutigliano, organizzata dall’Associazione Culturale “Contaminazioni d’Arte” , per parlare di primavera, colori, vibrazioni della natura e poesia a cura di Cresy Crescenza Caradonna. Mostra “Il ritorno di Kore” dedicata anche alla Festa del Fischietto in Terracotta (edizione estiva). Sabato 3 giugno 2023 si è tenuta la Cerimonia di consegna degli attestati di partecipazione agli artisti espositori. 23 artisti in esposizione: Ferdinandoo Capobianco, Luigi Basile, Ferruccio Maiullari, Gabriele Liso, Katya Abbrescia, Leo Napoletano, Maria De Marzo, Marinella Sorino, Mario Boezio, Mary Lamacchia, Niurka Vila, Maria Elena Didonna, Angela Liliana Lerede, Angela Morgese, Claudio Lomolino, Annalisa schirinzi, Antonio Santo, Caterina Ruocco, Claudia Mesto, Cristhian Napolitano.
È stato rilasciato anche un attestato per l’apporto poetico fornito alla mostra, a Cresy Crescenza Caradonna. Alla presenza del Presidente dell’Associazione “Contaminazioni d’Arte”, Francesco Valenzano, e del Sindaco di Rutigliano, Giuseppe Valenzano (a cui in fine si è aggiunta anche Milena Palumbo, Assessora alla Cultura, Turismo, Musei, Marketing territoriale, Pubblica Istruzione, Pari Opportunità), ha condotto piacevolmente la serata Mariarosaria Colamussi, del Direttivo dell’associazione. Clara Misceo, autrice del quadro raffigurato nella locandina dell’evento, ha letto con enfasi due lettere scritte da visitatori della mostra. Il giorno dell’inaugurazione la poetessa Cresy Crescenza Caradonna ha letto una serie di sue magnifiche poesie, allietando il numeroso ed attenta pubblico.
Anche i suoni sono stati protagonisti della mostra dedicata al risveglio della Primavera. Nei giorni 3 e 4 Giugno 2023 ad arricchire la mostra “Il ritorno di Kore” sono stati esposti anche manufatti in terracotta nati dalla Madre Terra sempre generosa nel donarci energia vitale, questa volta sotto forma di “vibrazioni sonore”. Le opere esposte erano di Francesco Valnzano, Filippo Lasorella, Anna Visconti, Nicola Colaprico, Patrizia Capasso, Giuseppe Lombardo, Trifone Altieri, Angelo Samarello, Rocco Antonio De Sario ed Aurelio Leone. La serata evento è stata piacevole e interessante. Pubblico, autori, artisti, che si sono dati appuntamento all’insegna della cultura, dell’arte e del chiacchierare allegramente con abbracci e nuove conoscenze, nell’intreccio di nuovi appuntamenti e scambi di presenze in altre mostre.
A seguire è stato possibile anche visitare il Museo Civico Archeologico, impreziosito da una vasta gamma di antichi reperti, donati dai cittadini, per poi visitare le varie bancarelle della Fiera del Fischietto in terracotta, attraverso un percorso nelle vie del Borgo Antico di Rutigliano.
“L’artista è una sorta di raffinato neurologo che sa trovare gli stimoli adeguati per eccitare il cervello e l’arte è una droga buona alla quale è fisiologico, e forse anche terapeutico, assuefarsi”
POESIE DI CRESY CRESCENZA CARADONNA PRESSO RUTIGLIANO MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO
-nella foto Cresy Crescenza Caradonna premiata con attestato di merito dal presidente dell’associazione ContaminArteFrancesco Valenzano
Lo spazio di una mostra non è solo il luogo fisico in cui avviene l’allestimento. È uno spazio vivo di relazioni ed incontri in cui scambiarsi sorrisi, parole e gesti. È uno spazio in cui prendono forma emozioni, pensieri e riflessioni come quella di un artista espositore che siamo felici di condividere.
“Da sempre l’arte funge da strumento espressivo dell’intelletto umano. Racconta i nostri sogni, i nostri pensieri, le nostre idee e, potenzialmente, anche le nostre intenzioni. Non esiste linguaggio più universale dell’arte. L’arte che ritorna, sempre, come il tema portante di questa mostra. Ritornare e identificarci in qualcosa che ci appartiene, da sempre. Ironia della sorte, nella fase organizzativa di questo evento artistico mi sono ritrovato a studiare concetti filosofici che rimandano al concetto di ritorno. Dopo un breve ripasso generale per degli esami imminenti, mi ha colpito il pensiero di Nietzsche, la sua voglia di distruggere stereotipi e falsi miti e riscrivere la storia con concetti nuovi e finalmente liberi. Insomma, un po’ come ognuno di noi, nel profondo, vorrebbe fare. Che si tratti di arte, voglia di libertà o lo sbocciare della primavera (oggettiva e metaforica), ritorna, un po’ come teorizzato nell’eterno ritorno dell’uguale. Ma anziché avere una visione quasi rassegnata e unicamente terrena come quella del filosofo, io continuo a credere che il ciclico manifestarsi di simili eventi naturali sia una sorta di linguaggio, tra noi e la realtà in cui siamo immersi. Un linguaggio universale col quale la natura si fa capire e si fa amare. Perché ritornando, la primavera ci ripete che è sempre possibile una rinascita, ricredersi, correggere le proprie convinzioni col saggio fine di apprezzare la vita per ciò che è. La natura ci parla usando codici e parole chiave: ritorno, evoluzione, significato, perdono. Ogni manifestazione artistica è per me un’importante occasione per parlare di concetti sopiti, che talvolta diamo per scontati nella vita di ogni giorno o che magari ignoriamo del tutto. Condividerla con amici e persone care ci insegna quanto siamo fortunati a vivere questo frammento di tempo delle nostre vite nell’infinità dell’universo, in un eterno ritorno del meraviglioso. Ok, è vero, il mio sembra essere un discorso assai sperimentale e avanguardista per essere ritenuto sensato. Ma chi l’ha detto che qualcosa debba necessariamente avere un senso per essere apprezzabile? Non sappiamo ancora quale sia il senso della vita, eppure la viviamo da sempre senza mai stancarci di essa.”