
COME LUI CI HA AMATO
XXXI Domenica del tempo ordinario
Mc 12,28-34
+In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».+
Questo episodio è da collocarsi fra quelli che Marco riporta come avvenuti nella città santa e che precedono gli eventi della passione (cfr. Mc 11-13). Gesù irrompe trionfalmente a Gerusalemme (cfr. Mc 11,1ss), grazie ad una fama che si è meritato indubbiamente, essendo partito pressoché da zero (le zone rurali della Galilea). Dal racconto dell’evangelista sappiamo come anche lì, dove di certo sedicenti profeti e predicatori non mancavano, era continuamente circondato dalla folla e molti lo sostenevano, anche dopo il clamoroso gesto nel tempio (cfr, Mc 11,15) che avrebbe fatto infuriare qualsiasi ebreo praticante, se molti degli stessi non ne avessero riconosciuto l’opportunità. In questo scompiglio Gesù affronta i più grandi maestri della legge e ne esce sempre vincitore, deve però confrontarsi anche con molti che gli ponevano domande insidiose, studiate apposta per screditarlo davanti a chi lo ammirava. In questo specifico caso la domanda è stranamente ovvia, anche per il più sprovveduto degli Israeliti: lo Shemà (ascolta Israele…), assieme al kaddish, è la preghiera più importante per gli ebrei di tutti i tempi, oltre ad essere il primo dei comandamenti, essa veniva recitata almeno due volte al giorno (mattina e sera), potremo dire senza dubbio che equivale a ciò che per i cristiani è il Padre Nostro. A questo proposito avanzo un’ipotesi: probabilmente Gesù aveva così dato risalto alla Carità e l’attenzione ai poveri da far credere a qualcuno che avesse messo il culto verso l’unico Dio in secondo piano. Attraverso questa domanda, lo scriba, voleva costringere il Maestro ad esprimersi pubblicamente su ciò che era più importante (problema ancora attuale): il culto verso Dio o il soccorso dei bisognosi di ogni tipo?
+Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.+
Siamo abituati a un Gesù che a domande provocatorie e subdole risponde con altre domande al fine di mettere allo scoperto le vere intenzioni di chi gliele poneva. In questo caso Egli non esita a rispondere e lo fa nel più classico e semplice dei modi, senza nessuna retorica. Prima di tutto occorre ascoltare, conoscere e amare Dio impiegando le nostre migliori risorse mentali, emotive, fisiche e spirituali. Ma ciò cosa comporta oltre al culto, le conoscenze scritturistiche e la preghiera? come sappiamo se abbiamo davvero intrapreso i suoi sentieri e il nostro cuore appartiene davvero a Lui?
+Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».+
Il Principio di reciprocità (o regola d’oro: cfr. Mt 7,12; Lc 6,31) è la più efficace sintesi di tutti comandamenti a cui i più grandi maestri della legge giungono, e Gesù non è da meno, anzi va oltre, includendo in questa “corrispondenza” anche se stesso, Uomo e Dio. Ci si conforma a chi si ama e ammira, ed è questo che Egli ci chiede: somigliagli, sopratutto nell’amore che ha per noi, cosa che si traduce inevitabilmente solidarietà incondizionata verso il prossimo. Da parte sua Dio ama l’umanità “follemente”, cioè in modo tale da non averne nessun vantaggio e sapendo che non verrà corrisposto, se non da un piccolo resto, ma sempre con la fragilità che contraddistingue l’uomo. Tale “smisuratezza” d’amore è già biblicamente distinguibile all’inizio della creazione: Dio affida all’uomo il suo giardino, dandogli la massima libertà, eccetto che nel fare ciò che sicuramente avrebbe nuociuto a lui e alle altre creature (cfr. Gn 2, 1-17). Yahweh offre la sua stessa vita in garanzia per la promessa fatta ad Abramo passando fra gli animali divisi (cfr Gn 15, 7-21)*. Il Signore Promette a Israele di essergli fedele anche nell’infedeltà, concetto che esprime bene attraverso il profeta Osea (Os 1, 2-7). Se l’amore che dobbiamo avere verso il prossimo deve modellarsi su quello che Dio ha per noi, concetto che Gesù stesso esprime chiaramente nel Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 15, 12-13), la solidarietà incondizionata e generosa verso il prossimo è un segno imprescindibile del vero fedele, anzi essa è culto a lui gradito (Mt, 9,13; Osea 6, 5-6; Is 58, 5-10).
+Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.+
Quest’uomo era sincero è Gesù gliene dà merito, forse ancora non è arrivato all’idea che questi due precetti esprimono l’unico culto riassunto nel comandamento nuovo lasciatoci in eredità dal Maestro (vedi sopra), ne egli riesce a fare quel “salto nel buio” che separa dalla Luce (la fede), riconoscendolo come Messia. Per questo resta vicino al Regno senza però farne ancora parte.
Felice Domenica

Fra Umberto Panipucci.
*L’antica pratica rituale del “tagliare l’alleanza”, descritto in Genesi, serviva a suggellare un patto augurandosi di fare la stessa fine degli animali sacrificati e divisi, attraverso cui il contraente passava. Ad Abramo non è stato chiesto di “passare”, quindi è Dio l’unico ad essersi preso questa responsabilità. È difficile non pensare al sacrificio di Cristo.
