ACQUA ELEMENTO DELLA VITA
TRADIZIONI – MITI – CULTURE E ATTUALITA’
Saggio di Eduardo Terrana

“Se t’avviene di trattar delle acque consulta prima l’esperienza e poi la ragione“ recita un detto di Leonardo Da Vinci, e proprio l’esperienza e la ragione, unitamente all’osservazione di tutto ciò che è in natura, dicono che il binomio “acqua=vita“ è inscindibile e l’uno rimanda necessariamente e scambievolmente all’altro perché “dove non c’è acqua non c’è vita“.
L’acqua è da sempre una risorsa preziosa ed indispensabile per la vita dell’uomo e di ogni essere vivente.
Acqua è il liquido amniotico in cui si sviluppa il feto, acqua è la pioggia benefica che cade dal cielo, acqua è la fonte che disseta ed ancora l’acqua consente gli scambi ed i commerci tra i popoli che, sin dai tempi più remoti, si svolgono via mare.
L’idea dell’acqua come origine della vita trascende le varie differenze tra etnie ed è ben radicata nelle varie culture e nelle varie religioni dei vari popoli della Terra sin dall’antichità.
In tutte le cosmogonie antiche è l’acqua che dà origine al mondo, spesso con la prevalenza a sottolineare la fecondità dell’acqua stessa.
Anche nella mitologia greca e romana l’acqua è elemento centrale, simbolo di purificazione e dell’origine della vita, tramite per entrare in contatto con il mondo divino e via d’accesso al regno dei morti.
L’acqua è simbolo di purezza e di rinascita spirituale liberando l’anima dalle macchie terrene, così come purifica il corpo liberandolo da infezioni e malattie.
Non a caso il battesimo cristiano è l’emblema della purificazione dell’anima.
L’acqua è anche simbolo di fertilità, elemento indispensabile al sostentamento ed al nutrimento.
Sono nate così le divinità del mare, di fonti, di laghi e fiumi, che gli esseri umani hanno pregato e pregano ed a cui fanno sacrifici per propiziarsi prosperità e nutrimento.
Tutti questi aspetti positivi hanno sviluppato intorno all’acqua fin dai tempi più antichi tradizioni, miti, culture, che hanno dato vita ad un ricco e variegato mondo immaginifico popolato di divinità, simbologie, leggende, luoghi sacri e figure misteriose che incarnano di volta in volta gli aspetti particolari di questo elemento e la sua centralità nella vita dell’uomo.
Va poi ricordato che molti poemi dell’antichità classica, e massimi tra essi: l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide, hanno per sfondo il mare ed i suoi imprevedibili umori.
Molti poeti e scrittori, infine, hanno dato all’acqua significati vari e complessi, mistici e sovrannaturali.
In molti miti la creazione del mondo parte dall’acqua, così è: nella tradizione polinesiana; negli indiani Yakima, secondo cui “agli inizi del mondo v’era solo acqua“; nei miti cinesi.
Nella Genesi Dio dà origine al mondo partendo dalle acque e creando il firmamento “che tiene separate“ le acque dalle acque. Da quelle inferiori viene generata la terra.
Nella Genesi, si afferma che “lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”, e che solo in un secondo momento la terra è divisa dalle acque. La rappresentazione dell’acqua come fonte di vita diventa in molte cosmogonie antiche il mito sulla origine acquatica del cosmo. Così, nel poema babilonese “Enuma Elish“ (1), il dio Marduk, creatore dell’universo (2), dà origine al cielo ed alla terra inferiore tagliando in due Tiamat, mostro primordiale del caos (3).
Nella mitologia indiana, invece, l’acqua terrestre è manifestazione delle acque celesti e fonte di vita da cui traggono origine i mondi, e si incarna in diversi miti sulle acque primordiali da cui ha avuto origine il mondo. Su tali acque galleggiava beato Narayana, appellativo di Vishnu nel suo aspetto di spirito santo che si muove sulle acque della creazione (4), mentre dal suo ombelico spuntava l’albero cosmico, simbolo della vita che nasce dalla quiete della notte cosmica. Nella tradizione antica dei testi sacri indù, (Purana), dalle acque spunta invece un loto da cui nasce Brahma, il creatore dell’Universo e membro, insieme a Shiva (il conservatore) e Vishnu (il distruttore), della Trimurti, la triade divina nell’induismo di formazione postvedica.
La nascita della pianta e dell’albero legata all’acqua e non alla terra, così, nel mentre simboleggia la vita, mette in risalto che è proprio l’acqua il fondamento primario di ogni creazione.
La stessa centralità dell’acqua nella creazione del mondo si ritrova nell’Islam.
Recita il “Corano“: “…E Allah fa scendere l’acqua dal cielo e con essa vivifica la terra che prima era morta…(XVI,65); “…una volta i cieli e la terra erano confusi insieme e Noi (Allah) li abbiamo separati, e dall’acqua abbiamo fatto germinare ogni cosa vivente “ (XXI, 30).
Anche nella tradizione dei Dongon, in Africa, l’acqua è il seme divino che feconda la terra.
Nella mitologia greca l’acqua ha un ruolo centrale come simbolo dell’origine della vita. Secondo Esiodo (5) essa nasce dalla Terra, che genera dapprima, “senza aver provato alcun piacere, Pontos, il mare sterile”, e poi, unitasi al proprio figlio Urano, genera l’Oceano dagli abissi immensi.
A sua volta l’acqua marina genera Afrodite, dea dell’amore e della bellezza. Oceano, secondo Esiodo, rappresenta l’acqua, laddove i suoi genitori sono rispettivamente l’aria e la terra, elementi che insieme al fuoco erano considerati divini per i Greci, essendo alla base della vita. Oceano, divinità del mare, nella cosmogonia greca, è anche il fiume che circonda tutte le terre e con Teti, (l’umidità che tutto
pervade e nutre), che è la sua sposa, generò tremila figli (i fiumi della terra) e tremila figlie (le Oceanine).
Omero nell’Iliade denomina Oceano “origine degli dei e padre di ogni cosa”.
Nell’Odissea l’acqua diventa simbolo della vita e della tranquillità per Ulisse nel suo viaggio verso Itaca.
Quest’aspetto è ben rappresentato dal bellissimo fiume che porta nella terra dei Feaci, dove Ulisse trova ospitalità ed aiuto per tornare nella sua terra.
In Omero però l’acqua è rappresentata anche come elemento negativo. Infatti si legge che le Sirene simboleggiano la bonaccia, i rischi del mare ed il fascino dell’ignoto; i mostri marini Scilla e Cariddi sono l’emblema dei pericolosi vortici e dei gorghi; Poseidone, dio del mare, incarna il carattere permaloso ed irascibile degli dei.
Nell’Odissea omerica, però l’acqua è anche il canto irresistibile delle stesse Sirene, che si diffonde, ammaliante, sul mare, come è ancora il suono armonioso della musica soave di Arione che affascina i delfini, nella suggestiva leggenda tramandataci da Erodoto.
Nell’Anabasi (6), Senofonte identifica, invece, l’acqua come possibilità di salvezza e di ritorno in patria e, quindi, alla vita (7).
In Esiodo (8), l’acqua si fa elemento di devastazione e punizione divina, ma con un significato alquanto interessante. Zeus, volendo eliminare il genere umano per tutte le scelleratezze commesse, decide di incendiare ogni luogo, ma il timore che le fiamme si propaghino fino all’Olimpo, lo induce ad utilizzare l’elemento contrario al fuoco: l’acqua. Inonda perciò i campi, le pianure, i monti, travolge le messi, le mandrie e gli uomini…nessuno riesce a sopravvivere.
E però con Talete di Mileto (624-546 a.C.), il primo filosofo greco, uno dei sette sapienti, che i miti legati all’acqua si condensano in un vero e proprio discorso filosofico in cui l’Archè’, (il principio primo di tutte le cose), è l’acqua su cui galleggia la terra.
Talete, che è il primo ad iniziare la riflessione scientifico-filosofica sulla natura, che è tutt’oggi alla radice della tradizione culturale europea, designò l’acqua essere “il principio di tutte le cose “, in quanto l’acqua, quale elemento primordiale, spegne il fuoco, scioglie la terra ed assorbe l’aria, ma anche in considerazione che ogni altro elemento, combinandosi con l’acqua, dà luogo ad ogni essere del sistema vivente, così nel mare come nel grembo della madre, tant’è , pertanto, che doveva Esso stesso essere originato dall’acqua, dalla quale infatti nasce la vita.
Talete trasse le sue conclusioni dopo avere osservato che tutti i semi ed i nutrimenti sono umidi e sostenne quindi che le piante e gli animali non sono altro che “acqua condensata ed acqua torneranno ad essere dopo la morte”.
A dimostrazione della profonda importanza dell’acqua sulla vita nell’antica cultura della Magna Grecia si ritenne che ogni cosa, visibile in cielo ed in terra, fosse ottenuta dalla combinazione alchemica di quattro elementi (acqua- aria- terra e fuoco), così: Pitagora, Empedocle, Epicarpo; e si ritenne che i pianeti, per affinità di costituzione, generassero influenze astrologiche sul comportamento degli individui nati sotto determinate combinazioni degli astri.
Ai segni d’acqua, (pesci, cancro, scorpione), venne così attribuita la capacità “creativa”, mentre ai segni d’aria (acquario, gemelli, bilancia) venne attribuita: la curiosità e l’intelligenza; ai segni di terra (capricorno, toro, vergine) venne attribuita: la praticità e la laboriosità, ed ai segni di fuoco (ariete, leone, sagittario): la volontà, la forza e l’esuberanza.
Platone, (427-347a.C.), supponendo che le trasformazioni tra acqua, aria, terra e fuoco, risultassero da una “dissoluzione e suddivisione“ delle facce dei rispettivi solidi geometrici in triangoli equilateri, volle interpretare la possibilità della trasformazione dei quattro elementi a partire dall’acqua ed attribuì a ciascuno degli elementi fondamentali la forma ideale dei seguenti solidi geometrici: tetraedro (fuoco); cubo (terra); ottaedro (aria); icosaedro (acqua).
Vitruvio Pollione (9), sostiene che senza l’energia proveniente da questi quattro elementi nulla può crescere e vivere; per questo una “Mente Divina“ ne ha reso facile la reperibilità: l’acqua, in particolare, “est maxime necessaria et ad vitam et ad delectationes et ad usum cotidianum.”
Eraclito esprime con queste parole il duplice valore dell’acqua: “L’acqua, infatti, non è mai una cosa sola: è fiume, è mare, è lago, stagno e quant’altro… è dolce, salata, salmastra, è luogo presso cui ci si ferma e su cui si viaggia, è piacere e paura, nemica ed amica, è confine ed infinito, è cambiamento ed immutabilità, è ricordo ed oblio, principio e fine“.
Sempre nell’ambito della cultura della Magna Grecia si ritenne che a proteggere l’acqua delle sorgenti e dei ruscelli, abitassero delle divinità che la rendevano pura e potabile; sono le Ninfe dai magici poteri, chiamate Naiadi, se abitanti delle acque sorgive, dei laghi, dei fiumi, delle cascate; Oceanine, se abitanti dell’oceano; Nereidi se abitanti del Mediterraneo.
Sono creature divine che si riteneva poteva capitare all’uomo di incontrare. In tal senso l’acqua era intesa come tramite per entrare in contatto con il mondo divino.
Molte divinità acquatiche sono presentate dalla tradizione poetica come creature timide e miti, che spesso sanno predire il futuro, come il saggio Nereo (10), che Omero definisce “vecchio del mare”, o Forco, il padre delle Gorgoni (11) o Tritone, che abitava in un palazzo d’oro in fondo al mare con la madre Anfitrite ed il padre Poseidone , in origine divinità delle acque interne, poi divenuto signore del mare, ed al cui stato d’animo, poeticamente, sono attribuite le condizioni del mare e la causa delle tempeste.
Le manifestazioni che associano alla sacralità dell’acqua e quindi del mistero che correla strettamente alla vita, sono molte in tutto il mondo ed in tutte le culture antiche e recenti anche se, purtroppo, oggigiorno spesso si è persa memoria del loro antico significato rituale e propiziatorio che generava un rispetto per l’acqua e la sua decisiva importanza per la vita.
Alla tradizione originaria della presenza divina nell’acqua appartiene anche il sacramento del Battesimo cristiano, per il quale l’acqua ha assunto un differente significato religioso di purificazione.
Nella “Didachè“ (12), si legge: “A proposito del battesimo, battezzate così, nel nome del padre e del figlio e dello spirito santo, nell’acqua viva” (VII-1).
L’uso indicato dalla Didachè è confermato da altri testi arcaici.
Il Nuovo Testamento non contiene attestazioni esplicite, ma la “tradizione apostolica” parla di “un’acqua corrente e pura” per il battesimo.
L’Antico Testamento, nel “levitico“ (XI,5), menziona l’acqua per le purificazioni, ma soprattutto il Giudaismo contemporaneo al Cristo attesta l’importanza attribuita a dei riti in cui “l’acqua viva“ gioca un ruolo capitale.
I Mandei fanno dell’acqua viva il rito essenziale (Ginza, II,1,180). Giovanni Battista battezza nel Giordano.
“L’acqua viva“, poi, nel Vecchio Testamento è un simbolo di Dio come sorgente di vita (Ezechiele, XXXVI, 25-27).
Un altro aspetto di questa simbologia è l’identificazione dei quattro fiumi con i quattro vangeli.
Si trova in Cipriano: “La Chiesa, alla maniera del Paradiso, contiene nelle sue mura degli alberi carichi di frutti. Essa innaffia gli alberi con i quattro fiumi, che sono i quattro vangeli, per mezzo dei quali dispensa la grazia del battesimo con un’effusione celeste e salutare (Epist.73,10).
Oltre che a significare in senso rituale l’acqua battesimale ed in senso biblico: Dio sorgente di vita, simbolicamente, l’acqua, nel senso teologico cristiano, significa: lo Spirito Santo.
Carica di significati simbolici è poi l’acqua in relazione al mondo dell’oltretomba.
Nell’aldilà il fiume Lete segna il discrimine tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti. Lete è il fiume dell’oblio, al quale bevono le anime dei defunti, che sorseggiando quell’acqua dimenticano la loro vita terrena. Allo stesso modo, nella concezione filosofica della metempsicosi, (Platone), le anime che ritornano sulla terra per reincarnarsi, bevendo di quella stessa acqua, dimenticano ciò che hanno visto nell’aldilà.
E ancora: il mondo dell’aldilà è percorso da Acheronte, il fiume sul quale Caronte traghetta le anime; mentre l’idea della morte come immersione negli abissi marini è forse adombrata nel mito di Teseo che si immerge in fondo al mare per ripescare l’anello d’oro gettatovi da Minosse.
Uno degli accessi al mondo dell’aldilà era sito, secondo Virgilio, nei pressi del lago Averno.
Nella cultura primitiva l’acqua viene considerata il principio femminile della fertilità e sorgente di fecondità e di vita. Gli antichi dicevano: ”i fiumi sono il latte della civiltà”, perché erano fonte di ricchezza, in quanto depositavano nel terreno, nel corso delle inondazioni, il fertilissimo limo, fonte, appunto, primaria della fecondità della terra.
La vasta regione che si estendeva dal bacino del Tigri e dell’Eufrate a quello del Nilo vide svilupparsi, tra il V ed il III millennio a.C., le prime civiltà.
I Babilonesi sapevano bene come la loro civiltà dipendesse dall’apporto benefico del Tigri e dell’Eufrate, i due fiumi che rendevano la loro terra “una mezzaluna fertile “. Nell’Antico Egitto la prima degli Dei era Nun, personificazione dell’acqua che circondava la Terra (il Grande Oceano Circolare) e la divideva in due parti attraverso
il fiume Nilo: l’appropriata definizione che Erodoto dà dell’Egitto, “dono del Nilo“, riecheggia questo mito primordiale basato sugli usi quotidiani dei popoli egiziani.
Gli Egiziani, popolo di agricoltori, dipendevano interamente dal Nilo per la loro vita, la loro economia e la loro potenza.
L’acqua era per loro il frutto del Dio Osiride ed era simbolo, altresì, di libazioni, di offerte di bevande a scopo sacrificale e di abluzioni per purificare.
Nella Genesi, (2,10), si legge: “un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e veniva a formare quattro capi.”
Questo rapporto tra l’acqua e la vita si manifesta particolarmente negli avvenimenti dell’Esodo, durante il quale il dono dell’acqua da parte di Jahvè diventa una manifestazione della sua presenza e della sua potenza.
Javhè disse a Mosè: “Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni degli anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone, con il quale hai percorso il Nilo, e va! Ecco che starò davanti a te sulla roccia, nell’Horeb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà dell’acqua, e il popolo berrà”. E Mosè così operò sotto gli occhi degli anziani di Israele” (esodo 17,1-7).
Aspetto importantissimo dell’acqua, dunque, per la vita degli uomini è la sua capacità di fecondare la terra e di fornire il sostentamento indispensabile al nutrimento.
In tale ottica la pioggia diventa, in molte civiltà, il simbolo dell’elemento celeste e divino che feconda i campi donando prosperità.
Lo afferma e lo spiega chiaramente lo “I Ching“, Il libro dei Mutamenti , uno dei testi fondamentali della tradizione taoista cinese ed uno dei libri più importanti della letteratura mondiale (13), sostenendo che la pioggia è espressione del principio attivo celeste da cui tutte le manifestazioni cosmiche traggono la loro esistenza.
Principio che trova conferma inoltre nelle tradizioni americane degli Atzechi secondo cui la pioggia è il seme del dio della tempesta Tlaloc.
Uno dei miti più rappresentativi della capacità fertile dell’acqua e del legame tra cielo e terra nella creazione della vita è quello greco di Danae rinchiusa dal padre Acrisio nella torre più alta della città per impedirle di sposare e così che si avverasse la profezia secondo la quale egli sarebbe stato ucciso dal nipote. Ma di Danae, che era bellissima, si era invaghito il sommo Zeus che per sedurla si trasformò in una sottile pioggia che riuscì a penetrare le chiusure ermetiche della torre e a fecondare la fanciulla generandole un figlio: che si sarebbe poi chiamato Perseo e che avrebbe, seppur involontariamente, un giorno ucciso il nonno Acrisio.
La capacità purificatrice dell’acqua ricorre in tutte le religioni del mondo; essa ha la funzione di pulire, di lavare via il male, di allontanare i pericoli ed altro ancora.
L’acqua viene utilizzata per celebrare cerimonie e rituali, dando così vita da sempre a riti, cerimonie e leggende.
Come elemento di purificazione l’acqua e le abluzioni fanno parte di ogni rituale che precede i sacrifici: a ciò che è sacro ci si accosta solo dopo aver compiuto cerimonie purificatorie, come avviene a Delfi, alla sacerdotessa del santuario di Apollo, Pizia, che prima di farsi interprete dell’oracolo si purifica alla Fonte Castalda di Delfi, dove anche i fedeli si sottopongono ad abluzioni prima di accedere al santuario.
Alla purificazione spirituale si affiancava anche quella fisica: immergersi nell’acqua era ritenuto in molti casi un modo per guarire dalle malattie.
Un esempio, in tal senso, nell’antichità, era quello offerto dalla leggenda del Fiume Pattolo, dio fluviale della Lidia, in Asia Minore, figlio di Zeus e di Leucotea, le cui acque guarivano da qualsiasi malattia chiunque vi si immergesse.
Piscine, inoltre, per abluzioni non solo sacre, ma anche capaci di guarire il corpo si trovavano nei santuari dedicati ad Asclepio (Pausania 2,27.6).
L’acqua come purificazione lo ritroviamo nell’archetipo del diluvio come momento chiave di una nuova fase dell’umanità, in cui quella precedente viene estirpata o purificata ed una nuova umanità rigenerata nasce.
Il Diluvio Universale è un mito presente in moltissime civiltà antiche: nella Bibbia, nella mitologia greca nella vicenda di Deucalione e Pirra, nell’epopea babilonese di Gilgamesh, nelle tradizioni degli indiani d’America.
La tradizione ebraica attribuisce la causa del diluvio alla cattiveria degli uomini e racconta il cataclisma nel I° Libro della Genesi: Dio decide di punire l’umanità ed elegge a continuatori della stirpe umana Noè ed i suoi figli. L’acqua quindi si fa espressione della potenza di Dio anche quando è espressione della collera divina e di strumento di morte: “…In quello stesso giorno tutte le sorgenti del grande abisso eruppero e le cateratte del cielo si aprirono…Ogni essere che ha un alito di vita nelle sue nari, fra tutto ciò che esiste sulla terra asciutta, morì” (Genesi 1,11-22).
Nella Sacra Scrittura poi l’acqua evoca ancora interventi divini: le acque del Mar Rosso si aprono per lasciare passare il popolo ebraico liberato da Mosè dalla schiavitù del Faraone d’Egitto; l’acqua scaturita dalla roccia nel deserto disseta Agar, la schiava, e suo figlio Ismaele, avuto da Abramo; nell’acqua del Giordano avviene il rito del battesimo di Giovanni e di Cristo che danno la salvazione dell’anima.
La tradizione letteraria greca presenta il mito di Deucalione e Pirra, unici superstiti di un diluvio universale mandato da Zeus per punire la malvagità degli uomini.
Nella Mitologia Sumera il diluvio è inteso come l’evento sacro che divide il tempo in ante-diluviale e post-diluviale.
Il Diluvio Babilonese è narrato nell’Epopea di Gilgamesh (14), un poema in lingua assira, tramandato su 12 tavolette cuneiformi, rinvenute a Ninive nel secolo scorso. Nell’undicesima tavoletta si parla di un antenato di Gilgamesh, Utnapishtim, scelto dal dio Ea (15) per ricostruire l’umanità dopo il diluvio mandato sulla terra per punire la malvagità umana.
Le tradizioni sul mito del diluvio sono le più svariate e vanno dalla zona assiro-babilonese-ebraica lungo una direttrice di diffusione che da un lato porta sino all’India ed al Pacifico, e dall’altra s’irradia dal Medio-Oriente nell’Asia centrale, in Siberia e, con le migrazioni attraverso lo stretto di Bering, fino all’America settentrionale.
Il Mito Indonesiano parla di un’inondazione rivolta contro le montagne.
La Mitologia Maya utilizza tre diluvi per distinguere quattro ere del mondo, vissute da quattro diverse umanità.
Il Diluvio, ossia la distruzione di ogni forma di vita impura attraverso l’acqua, nasce dall’ira del Dio che decide di dare vita ad un nuovo mondo in cui gli uomini siano mondi dai peccati dei loro predecessori.
E’ significativo il fatto che l’acqua sia considerata la fonte della vita da tutte le tradizioni arcaiche; la vita, dunque, si congiunge con la morte per dare origine ad una nuova vita. L’eletto che si salva galleggia a lungo sulle acque (Noè nell’arca): è il simbolo dell’uomo rigenerato che, dall’acqua portatrice di morte per gli altri, assume le facoltà per una vita totalmente nuova.
L’acqua, però, come simbolo di purezza è riconoscibile anche in quei rituali di purificazione ed iniziazione che permettono all’uomo di liberarsi dai peccati commessi e di poter così iniziare una nuova vita od una nuova e più evoluta fase dell’esistenza. E’questo il caso del Battesimo (dal greco baptein/ baptzein = immergere-lavare) che libera dal peccato originale e permette la partecipazione alla vita cristiana; o dell’antico rito ebraico dell’Immersione nel Mikvè, una piscina d’acqua piovana in cui bisognava immergersi nudi per purificarsi dai peccati. Ancora oggi l’immersione nel Mikvè è necessaria per coloro che si convertono all’ebraismo, prima dello Yom Kippur, (Yom Kippur = giorno dell’espiazione), e per le donne dopo il periodo mestruale. Nel culto israelitico l’acqua è vista come salvatrice.
Analogo significato purificante ha l’acqua nel rituale delle abluzioni nella cultura e tradizione islamiche. Si legge nel Corano (V,6): “O voi che credete! Quando vi accingerete a pregare lavatevi il viso e le mani fino al gomito e strofinate con la mano bagnata la testa e i piedi fino all’altezza delle caviglie; e se siete in stato di impurità, purificatevi; e se siete ammalati o in viaggio o se uscite da una latrina o avete toccato una donna e non trovate l’acqua, usate allora della sabbia fine e strofinate con essa il volto e le mani (16).
Riti di purificazione si ritrovano anche nella religione romana ed italica in cui sono frequenti le cerimonie di lustrazione che avevano lo scopo di purificare persone e luoghi fisici attraverso l’aspersione dell’acqua.
Ma sono anche molte le leggende greche e latine di persone trasformate in fonte purificatrici.
Tra queste il mito di Egeria, la ninfa che secondo la tradizione sarebbe stata amante e musa ispiratrice di Numa Pompilio, uno dei sette re di Roma.
Alla morte di questi, gli dei impietositi dal suo dolore trasformarono Egeria in fonte, proprio la fonte che, dedicata alle Camene, le ninfe delle fonti, si trovava fuori Porta Capena in Roma ed era per i romani oggetto di culto, si riteneva infatti che le sue acque avessero il potere di risanare gli infermi.
Tra i fiumi purificatori per antonomasia c’è il Gange, il fiume celeste che già nella Genesi è indicato come uno dei quattro fiumi che nascono dall’Eden, e che gli Induisti venerano come “il Fiume Sacro” (16bis).
Nel IV secolo Giulio Onorio, studiando la geografia biblica, identificava il Ghicon con il fiume Nilo.
Il Pison poi veniva identificato con il Gange, meno con il Danubio.
Per gli indiani il Gange scende dalla capigliatura di Sciva ed è chiamato Ganga perché ritenuto manifestazione dell’omonima dea.
Il potere del Gange nel liberare gli uomini dai peccati è tanto grande da poter cancellare anche le colpe peggiori che un uomo possa commettere.
L’acqua come elemento di purificazione la ritroviamo anche nei Salmi: “Purificami con l’issopo, e sarò mondo”, (sal 51.9); “lavami e diventerò più bianco della neve”, (sal 51,4-12).
Dio fa sul popolo infedele un’aspersione di acqua pura, rinnova cioè i cuori mediante l’effusione del suo Spirito. Infine Gesù, che è Parola e Sapienza di Dio, viene a donare un’acqua viva che zampilla nella vita eterna; Gesù glorificato diffonde sull’essere la ricchezza dello Spirito, che, essendo potenza vivificante di Dio fa rinascere l’uomo ad una vita nuova: “Avete udito che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori; affinché siate figli del vostro Padre nei cieli, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Matteo 5,43-45); “E’ fatto! Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. A chi ha sete, io darò in dono della fonte dell’acqua della vita” (Apocalisse 21,6).
Anche nell’Era Moderna sono molteplici e vari i culti di salute legati alle acque sorgive in una vasta area che va dall’Estremo-Oriente (l’immersione nel Gange) all’Occidente cristiano (l’acqua di Lourdes).
Testi sacri e racconti mitici portano traccia dell’azione distruttiva dell’acqua. Il filosofo Platone, verso la metà del IV secolo a.C. scrisse sulla fine della grande isola Atlandide situata nell’oceano; essa venne punita per decisione di Zeus, sprofondata nel mare dal terremoto e dalle inondazioni e tutto ciò quasi a voler preannunciare l’inizio di una serie di tragedie naturali.
Il frate francescano Salimbene di Parma, vissuto tra il 1221 ed il 1288, scrisse una cronaca degli avvenimenti del secolo. Tra questi ricorda circa venti anni con eventi climatici disastrosi: nel 1276 piogge eccezionali e inondazioni si susseguirono per tutta l’estate e l’autunno. Con conseguente raccolto compromesso ed una grave epidemia. Più tardi, si ebbe una grave epidemia di peste bubbonica e polmonare, che fra il 1347 ed il 1351 percorse tutto il mediterraneo e l’Europa, sterminando più di un terzo degli abitanti.
Sono comunque molte le alluvioni disastrose avvenute in varie epoche storiche, sia in Italia (l’ultima a Firenze il 04-11-1996) che in altre parti del mondo: Cina, Giappone, Brasile, in particolare.
L’acqua da sempre è stata una fonte di ispirazione per poeti e scrittori che hanno ammirato le sue qualità e la sua purezza, ma anche la sua potenza punitiva.
Tra i poeti italiani che esaltano le qualità positive dell’acqua ricordiamo S. Francesco e Petrarca, e poi tra i contemporanei Ungaretti.
S. Francesco nel suo “Laudes creaturarum“ (Lodi delle creature) più familiarmente noto come “Cantico di frate sole”, ringrazia il creatore per il grande dono dell’acqua, “la quale”, scrive, ”è molto utile et preziosa et casta…”.
Il Petrarca, nella poesia “Chiare, fresche e dolci acque”: “ove le belle membra – pose colei che solo a me par donna“, descrive come la vista di questa sostanza rievochi in lui l’immagine della ragazza amata e susciti emozioni ormai passate.
Lo stesso tema viene ripreso, nella poesia del novecento, da Ungaretti che, nella poesia “Fiumi”, racconta come un bagno ristoratore compiuto nell’Isonzo durante la prima guerra mondiale abbia la capacità di fargli ritornare alla mente i ricordi dell’infanzia anch’essi legati a tre importanti fiumi. Il poeta narra infatti di essersi “disteso in un’urna d’acqua” e di aver riposato “come una reliquia” mentre si lasciava “levigare” dalla corrente dell’Isonzo. Successivamente questa sua azione gli fa tornare alla mente i fiumi che a lui sono più cari: il Serchio a cui i suoi genitori hanno attinto l’acqua, il Nilo che l’ha visto nascere e crescere e la Senna sulle cui rive è maturato.
Poeta che esalta invece le qualità punitive dell’acqua è Dante che nella “Divina Commedia”, (canto VI), castiga i golosi a rimanere in eterno sotto una pioggia “etterna, maledetta, fredda e greve“ mescolata a grandine e neve che provoca in loro enorme dolore ( “urlar li fa la pioggia come cani…).
Nella Divina Commedia poi Dante da all’acqua vari significati; essa ad esempio ha la funzione di separare il regno dei vivi da quello dei morti (il fiume Acheronte) e da fungere da via che le anime, al cui trasporto era addetto Caronte “gran nocchiero”, devono percorrere per raggiungere l’Aldilà .
Da ricordare è anche la funzione purificatrice dell’acqua nel romanzo di Alessandro Manzoni “I Promessi Sposi “ al tempo della peste in Milano nel XVII secolo.
Sin qui, proprio in un rapido excursus, alcuni delle tradizioni, dei miti e delle culture connesse all’acqua, la cui l’utilità ed insostituibilità per l’uomo e per l’ambiente, da sempre, è enorme ed indispensabile, tanto da meritare il grande rispetto ed il culto che gli esseri umani del mondo antico avevano per questo prezioso elemento naturale che adoravano come divinità.
Analoga considerazione però non si riscontra nel nostro tempo.
Si deve, infatti, purtroppo rilevare che l’attenzione ed il rispetto dell’uomo per l’acqua nel mondo contemporaneo si manifesta in termini fortemente deficitari.
L’abitudine allo spreco e la noncuranza fanno perdere spesso di vista la necessità di proteggere questa risorsa, che è la più importante del pianeta.
Gli effetti sono un inquinamento diffuso di acqua dolce che non risparmia ormai le stesse falde acquifere.
Contaminanti l’acqua sono: gli scarichi fognari, che sono causa anche di molte malattie infettive; i detergenti sintetici; l’inquinamento agricolo, a causa dei concimi chimici, diserbanti, insetticidi, che la pioggia lava via e vengono così convogliati nei corsi d’acqua; l’inquinamento industriale, causato dall’uso di sostanze nocive o addirittura tossiche, che variano in relazione alle varie lavorazioni (come piombo, l’ammoniaca, oli o solventi vari); l’inquinamento termico dovuto all’utilizzo da parte delle centrali idroelettriche e nucleari delle acque da usare per il raffreddamento dei processi industriali.
Su una buona parte della Terra dunque la presenza dell’uomo contrasta con quella di un sano ecosistema, capace di mantenersi indefinitamente.
I fenomeni di desertificazione in corso in molte aree del pianeta sono purtroppo prodotti dalla dissennata attività umana.
Ammonisce un detto degli indiani Cree: “Soltanto quando l’ultimo albero sarà morto, e l’ultimo fiume sarà inquinato, e l’ultimo pesce sarà pescato, l’uomo capirà che non si può mangiare il denaro”.
Vale la pena riflettere tutti su queste parole anche perché nel mondo oggi non tutti hanno una larga disponibilità di acqua dolce.
Ricordiamo che due bambini su dieci oggi non hanno possibilità di bere acqua. E questo è un problema grave in un contesto, peraltro, allarmante, caratterizzato, a livello planetario, dalla siccità e dalla desertificazione che avanza sempre di più.
Eduardo Terrana
Giornalista, saggista, conferenziere internazionale su diritti umani e pace
Proprietà letteraria riservata
Note:
(1) – Poema composto tra il 1200 ed il 1100 a.C.
(2) – Mito appartenente alla mitologia babilonese
(3) – Nel poema babilonese Enuma-Elish, è la dea delle acque salate e moglie di Apsu, dio delle acque dolci sotterranee. Con lui genera, mescolando le reciproche acque, Mummu, tumulto delle onde, e i serpenti mostruosi Lakhmu e Lakhamu. Questa progenie dà vita agli dei primordiali Ansar e Kisar, i quali generano gli dei Anu. Uno di questi è Marduk che sconfiggerà Tiamat durante una lunga lotta tra gli dei. La vittoria di Marduk su Tiamat simbolegia la vittoria dell’ordine sul caos.
(4) – Manu, libro II.
(5) – Esiodo, VII sec. a.C , nella Teogonia, opera in 1022 esametri , espone l’origine degli dei e del mondo combinando concezioni teologico-filosofiche e tradizioni leggendarie, in parte di origine orientale; ad esempio vi si riscontrano corrispondenze precise tra la mitologia ittita e babilonese e le principali figure che Esiodo enumera nella successione delle generazioni divine.
(6) – Anabasi, opera in sette libri dove Senofonte narra della guerra tra Ciro il Giovane ed Artaserse II°, fino alla battaglia di Cunassa, l’avventurosa ritirata verso il Mar Nero, l’arrivo a Bisanzio, e l’incontro con le forze spartane .
(7) – Senofonte guida i soldati sconfitti in una marcia lunga e faticosa verso il Mar Nero, simbolo della salvezza e della consapevolezza di essere prossimi alla Grecia.
(8) – sempre nella Teogonia di Esiodo, racconto de “La Grande Inondazione “ .
(9) – I° sec. a .C., ingegnere, architetto e trattatista romano. La sua opera maggiore è il De Architectura , in 10 libri, scritta con l’intento di raccogliere tutto quanto le fonti più antiche, segnatamente greche, potessero offrire di teorico e di pratico intorno all’architettura, all’urbanistica ed alla costruzione di macchine.
(10) – Il figlio primogenito di Ponto, dio greco delle acque del mare e di Gea, la personificazione della Terra. Si riteneva che fosse il re del mare prima che lo diventasse poi Poseidone.
(11) – Nella mitologia classica le tre temibili figure femminili Steno, Euriale, Medusa, rappresentate con il capo coperto di serpenti e non di capelli; lo sguardo di Medusa pietrificava chiunque la guardasse.
(12) – Antico opuscolo cristiano scritto in un greco affine a quello del Nuovo Testamento, significa “dottrina del Signore attraverso i dodici apostoli”, contiene notizie sulle comunità cristiane. Elaborato in Siria e risalente al II° sec. d.C., in 16 capitoli, costituisce un documento importante e prezioso per la conoscenza del cristianesimo primitivo. E ’ricco di citazioni dell’Antico e del Nuovo Testamento.
(13)- Il libro, tutt’oggi fonte di stimolanti spunti, è strutturato in 64 segni, detti esagrammi, composti ciascuno da 6 linee, continue o spezzate, che ricalcano nelle loro diverse combinazioni le stagioni e il ciclo cosmico.
(14)- Antico re sumero della città di Uruk, vissuto intorno al 2.600 a.C. Dopo la morte fu divinizzato ed entrò a far parte della mitologia, come protagonista di un’epoca sumera, 2000 a.C. Nel I° millennio a.C. la sua vicenda fu narrata in un poema accadico (in 12 canti) la “ Epopea di Gilgamesh, che costituisce l’opera più importante della letteratura mesopotamica . L’opera , che è pervenuta fino ai nostri tempi, presenta interessanti analogie con i racconti biblici, vi si trova, ad esempio, la versione caldea del diluvio universale. La “ Epopea di Gilgamesh” si segnala inoltre per l’attenzione che dedica ai temi dell’amicizia, del dolore e della morte e per il fatto che riesce ad esprimere, attraverso il senso di precarietà dell’esistenza ed il desiderio d’immortalità, la profonda inquietudine umana di fronte alla morte. Ciò che la rende vicina al sentimento moderno.
(15)- Dio delle acque e della sapienza, nella mitologia assiro-babilonese; la terza delle divinità della trinità cosmica assiro-babilonese che comprendeva anche le divinità Anu e Bel. Dei tre Anu occupava il primo posto ed era il signore del cielo. La seconda persona della triade divina, era Bel, creatrice dell’universo . Ea era rappresentato come un uomo col corpo di pesce. Chiamato anche Oannes, si riteneva vivesse di giorno sulla terra e la notte nel mare.
(16)- L’abluzione totale prevede il bagno del corpo; l’abluzione comune invece consiste : nel lavarsi tre volte le mani, sciacquarsi tre volte la bocca, pulirsi tre volte il naso con l’acqua, gettarsi tre volte dell’acqua sul viso con il palmo della mano, lavarsi le braccia fino al gomito, passarsi la mano bagnata sulla testa, sulla barba e sul collo, pulirsi le orecchie con un dito, lavarsi i piedi.
(16bis) da I Grandi Libri Della Religione- Editore Mondadori- La Bibbia, Antico Testamento, genesi- 2 samuele,versetti 2,8-14, pag.29-30: “ … Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avila, dove c’è l’oro e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’onice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno tutto il paese di Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate.
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