DALLA FINESTRA DEL CUORE UNO SGUARDO SUL PASSATO di Eduardo Terrana

DALLA FINESTRA DEL CUORE UNO SGUARDO SUL PASSATO
di Eduardo Terrana

Gli anni del dopoguerra non sono stati facili. Il conflitto aveva lasciato il Paese in una condizione di estrema povertà.
Ovunque distruzioni e macerie e non solo materiali, ma anche spirituali e morali. C’era un paese da ricostruire, c’era la persona da rifare, c’era una coscienza nazionale da far rinascere, c’era una coscienza individuale da riscoprire. Non c‘era famiglia che non piangesse almeno un morto o un disperso. Io avevo poco più di tre anni quando nel 1946 la guerra fu conclusa. Mio padre era un capostazione. Ricordo ancora che i miei risvegli al mattino era provocato dal pianto e dalle urla di dolore delle famiglie che alle quattro e trenta del mattino, col primo treno della giornata, ancora in pieno buio, venivano alla stazione a prelevare la salma di un congiunto che rientrava dal fronte e, qualche anno dopo, quella del parente che moriva nelle miniere del Belgio. Quei pianti e quelle urla di sofferenza non li ho mai dimenticati e da allora mi fanno compagnia.
C’erano più vedove che mariti, più sorelle che fratelli, mi diceva mio padre, mostrandomi i campi biondi di frumento che non potevano essere raccolti per mancanza di braccia sufficienti. Non c’erano trattori, a quel tempo. Non c’era pane a sufficienza nelle famiglie. Certo i ricchi ci sono sempre stati e in piena guerra compravano al mercato nero, ma i più facevano la fame e ancora continuavano a farla. Altro che nutella, brioches col gelato o patatine fritte. Ricordo che all’asilo si faceva colazione con solo mezzo cucchiaino di latte in polvere sciolto nell’acqua in mezzo bicchiere di plastica di ridotte dimensioni.” Ringraziate gli americani”, ci diceva la Suora. Non eravamo ricchi ma la condizione sociale di mio padre, sempre disposto a fare del bene, consentiva che non ci mancasse praticamente nulla. La gente ricambiava ogni cortesia con il cuore. Anche lo zucchero avevamo ed il burro! Un lusso! Così mia madre la mattina metteva nel cestino una fetta di pane di frumento fatto in casa con del burro spalmato sopra ed un po’ di zucchero, una delizia! Ne sento ancora il sapore in bocca. Quella fettina di pane poi la dividevo con un compagno che non portava niente con sé, la famiglia non se lo poteva permettere.
La mancanza dei maschi partiti per la guerra e mai più tornati, pesava molto e le donne si dovevano sobbarcare il lavoro prima svolto dagli uomini, soprattutto nelle campagne, dove il lavoro era duro e richiedeva braccia forti. L’assenza della figura paterna, poi, si faceva sentire in termini non solo affettivi ma anche economici. Ricordo in campagna di un mio zio un mezzadro che aveva come lavoranti la propria moglie e due figlie. I maschi li aveva persi in guerra. Lavorava sodo e se stava male non ci faceva caso, non si poteva permettere di star fermo, perché la giornata di malattia, peraltro, non veniva pagata. Nel 56 quando ci fu la pandemia della “Asiatica” quello stesso mezzadro lavorò pur avendo la temperatura molto alta, non volle fermarsi, nonostante fosse sollecitato a farlo. Gli andò bene, si rimise in sesto per sua fortuna in una settimana. “Pasta e vino”, diceva,” curano tutti i mali”. Guarì senza uso di antibiotici o vaccini. Non esistevano ancora gli antibiotici e non c’era disponibile un vaccino che curasse l’Asiatica. Quanti furono le vittime di quella pandemia? Difficile dirlo. Non c’erano notizie, diversamente da oggi che ci vengono scodellate, calde calde, appena sfornate. La televisione, allora, cominciava a muovere i primi passi e non c’era ancora una rete comunicativa estesa come oggi.
Le famiglie per lo più erano monoreddito e qualcuna senza reddito viveva col sussidio dell’E.C.A., l’Ente comunale Assistenza.
Furono anni di sofferenza, quelli del dopoguerra, almeno sino al 1970, vissuti in condizioni di povertà, di privazioni e sacrifici. Ma da questa sofferenza prese lo slancio l’emancipazione sociale delle donne, che finalmente avevano avuto il riconoscimento del diritto al voto e cominciavano a guardare con fiducia anche alla crescita culturale. L’emancipazione femminile ha avuto, negli anni, una evoluzione più lenta rispetto alla crescita culturale e, per molti versi, ancora oggi, per tante donne è un traguardo da raggiungere. La crescita culturale almeno, per le ragazze e le adolescenti, è stato una realizzazione più possibile, pur tra tante difficoltà, diffidenze e pregiudizi. Nella visione di molti anziani la parola “ studente” era indice di poca serietà e di scansa fatica; una ragazza studentessa, poi, era un tabù e lo è stato per lungo tempo.
Ma il conseguimento del titolo, diploma o laurea, era una grande vittoria e motivo di grande soddisfazione ed orgoglio. Ricordo che quando conseguii il diploma mio padre mi fece stampare il biglietto da visita con su scritto “maturità scientifica”.
E quale grande impegno per conseguirla! E ancora prima il diploma di licenza media ed elementare. Ogni traguardo un esame e in tutte le materie, scritto ed orale. Era vigente la Riforma Gentile!
Erano quegli anni contrassegnati da gravissimi problemi: “banditismo”, presente, in particolare, in Sicilia ed in Sardegna, ma un po’ anche in tutto il meridione; “separatismo”, in Sicilia, in Val d’Aosta, in Alto Adige; “ordine pubblico”. Ricordo, in particolare, la durezza del Ministro degli Interni, Scelba, nel contrastare e reprimere questi fenomeni, secondo le norme del “Codice Rocco”. Ma erano anche anni di forte trasformazione sociale e civile.. Non era facile però trovare lavoro. Passano gli anni ma il problema rimane. Anche oggi è così, come ieri.
In questo quadro di realtà sociopolitica ed economica molto precaria, la Famiglia e la Chiesa restavano le uniche Istituzioni a cui guardare come esempio e guida. Era forte il senso della famiglia, erano forti i valori religiosi. A pranzo si ringraziava il “Padre Nostro” che ci dava il pane quotidiano e la domenica si andava in Chiesa a seguire la Santa Messa. Si faceva vita sociale negli Oratori parrocchiali. Nelle case tutti avevano il Crocefisso, anche i ricchi, non se ne vergognava nessuno. E le donne lo mostravano con orgoglio effigiato nella collanina che portavano al collo. La puntualità era d’obbligo e il rispetto sacro. La parola della mamma non si discuteva, il papà parlava con sguardi severi e risoluti che dicevano più di un’intera enciclopedia. A scuola l’Insegnante era un’istituzione, rappresentava il sapere e la cultura. E l’interrogazione od il compito in classe faceva paura. Quante notti insonni sui libri! Ma quante speranze coltivate dietro ogni pagina sfogliata ed impressa nella mente! Prima di andare a dormire idealmente si metteva sul davanzale della finestra il sogno che si voleva si realizzasse perché l’angelo della notte lo portasse fin sulle stelle e ce lo riportasse luminoso di certezze.
Altra realtà rispetto ad oggi! Mancavano le distrazioni e si cercavano nello studio le aspirazioni da realizzare. I giovani sognavano un domani e vedevano nello studio un motivo di crescita e di affermazione sociale e culturale. Non c’era tempo per altre cose. Non c’era, peraltro, altro da scegliere di fare. L’estate andare al mare facendo l’autostop era già una fortuna.
Era forte l’ideologizzazione. I giovani iniziavano a fare politica da giovani, anche a 14 anni come attivisti e si affiliavano, scegliendo secondo le loro idee, ad un partito. Era forte anche lo scontro ideologico – politico tra giovani, già nella scuola superiore. Era fortissimo all’Università dove lo scontro tra i gruppi di destra e di sinistra e dell’estrema sinistra era molto duro. Nacque il Movimento studentesco. Ci furono le occupazioni delle Università. Questo, però, portò alla contestazione del ’68, alla liberalizzazione dei piani di studio e all’avvio e realizzazione di quelle che vennero definite conquiste civili: divorzio ed aborto, pur tra forti contestazioni ed atti di terrorismo che scossero dalle fondamenta il Paese e l’animo degli italiani. Le ragazze erano meno interessate alla politica e conseguivano brillanti affermazioni. Non mancavano i leaders in politica, in Italia: De Gasperi, La Pira, Togliatti, Nenni, Malagodi, La Malfa, Saragat. Almirante e molto dopo, Capanna; all’estero: Mao, e il suo libretto rosso, Che Guevara, Fidel Castro, Ho Chi Minh. La musica era poi momento di ritrovo e di aggregazione. Ci si riuniva tra amici ed amiche per fare quattro salti con gli idoli canori del momento, Mina, Celentano, Milva, Edith Piaf, Aznavour, Alain Barrière, Sinatra, e altri. Così tra un bicchiere di birra ed un ballo sulla mattonella nascevano i flirt. Altri tempi! che si ricordano con nostalgia e rimpianto! Ieri dire “ti amo” ad una ragazza voleva essere la promessa e la realtà di una intera vita. E ancora oggi c’è qualche presenza di quelle unioni, insieme da 50-60 ed in casi rarissimi anche 70 anni. Ieri la famiglia era patriarcale ed era festa tutti i giorni. E l’amore e l’affetto tra tutti i membri era il collante che tutti univa. Oggi la famiglia, a connotazione sempre più mononucleare, ha perso molto della sua identità e della sua autorevolezza. E i giovani si sentono disorientati e seguono le mode e gli idoli del loro tempo. Sempre più distratti da altri richiami esterni, hanno perso valori e principi, ad iniziare dalla donna sempre più vista in una visione commerciale, uso e getta. Non tutti mostrano considerazione e rispetto per chi ieri ha consentito con sacrifici e privazioni che si avviasse prima e si consolidasse poi la ripresa, grazie ai quali oggi possono beneficiare di ogni comodità oltre ché della libertà. E se sul tram o in treno un giovane è seduto e c’è una donna incinta o un anziano in piedi, il giovane resta seduto e la donna o l’anziano resta in piedi. Per fortuna, però, oggi non tutto è negativo, anche nei giovani, e questo rappresenta il sole della speranza del cambiamento e dell’avvenire!


Eduardo Terrana (da: Epistolario)
Giornalista- Saggista- Conferenziere internazionale su diritti umani e pace.
Proprietà letteraria riservata


Quotidiano Diretto da CRESCENZA CARADONNA

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